Il pesce, si sa, fa bene. La pandemia ha modificato radicalmente l’approccio al cibo: il 48% dei consumatori ha cambiato le proprie abitudini sul consumo di pesce in casa, l’82% preferisce pesce allevato in Italia perché è più sicuro, più buono e più vicino. Questi, in sintesi, i dati della ricerca commissionata al Crea Marketing Consulting dall’Associazione piscicoltori Italiani (API) di Confagricoltura in occasione della digital preview di Aquafarm sull’impatto della pandemia e del lockdown sull’acquacoltura.
“La preparazione casalinga dei pasti – ha spiegato Pier Antonio Salvador, presidente API – ha orientato le scelte verso prodotti locali, a garanzia di freschezza, tracciabilità e sicurezza. Requisiti che sono presenti in tutti i prodotti dell’acquacoltura nazionale. Con la pandemia registriamo il 6% di nuovi consumatori, anche se le vendite attraverso la grande distribuzione sono riuscite compensare le perdite del 25\30% consumato nel canale Horeca, attualmente fermo”.
In Italia ogni 10 pesci preparati a casa o al ristorante, solo due sono italiani. Ne consumiamo più degli altri Paesi europei, ma non ne produciamo abbastanza. “Nel mondo – rimarca Salvador – l’acquacoltura cresce di oltre il 15% l’anno, mentre in Italia resta ferma. Importiamo moltissimo e vanno rivisti gli accordi commerciali e i controlli per le importazioni da Paesi Terzi”.
Quale è la soluzione? “Occorre – conclude il presidente di API – agire contemporaneamente su tre fronti: controllare maggiormente le importazioni, promuovere il consumo dei prodotti europei dando informazioni corrette ai consumatori sulla provenienza dei prodotti ittici, anche per quelli somministrati attraverso l’HoReCa, e attenuare la burocrazia che impedisce la crescita del settore, semplificandola”.
L’acquacoltura italiana in cifre. I siti di allevamento in mare, lagune e acqua dolce sono 800. L’associazione Piscicoltori di Confagricoltura ne associa il 90%. Sono 25 le specie ittiche diverse. La produzione nazionale è di 180.000 tonnellate ed il fatturato è di 500 milioni di euro. Il settore occupa 15.000 addetti.
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