Per il vino italiano, il Regno Unito rappresenta il terzo mercato internazionale. Lo scorso anno, dopo un iniziale calo, la nostra esportazione è cresciuta sia in volume (+1,5%) che in valore (+5,1%).
È stato questo il punto da cui sono partiti i relatori dell’incontro “Vino e Post Ue Exit”, organizzato da Confagricoltura al Vinitaly. Ospite il Console Generale Britannico a Milano, Catriona Graham, per fare il punto della situazione dei rapporti commerciali con l’Italia a distanza di due anni dall’uscita di Londra dall’Unione europea. Un incontro che conferma l’ottimo rapporto di collaborazione tra Ambasciata Uk e Confagricoltura. Con lei ne hanno parlato Francesco Fortuna, capo Gabinetto del Mipaaf, il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti; Lamberto Frescobaldi, componente di Giunta della Confederazione, e, nel ruolo di moderatore, Vincenzo Lenucci, responsabile dell’Area Economica e del Centro Studi di Confagricoltura.
Il Regno Unito oggi è a tutti gli effetti un Paese terzo e sta lavorando a nuove regole sull’etichettatura, che porterebbero all’indicazione dell’importatore e sul cambio del sistema delle accise: “Abbiamo per il momento accantonato l’aumento delle tasse sugli alcolici e si sta valutando un intervento che leghi il livello di tassazione a quello di alcool presente – ha spiegato il Console dal tavolo di Confagricoltura —. Questo vorrebbe dire meno tasse per gli spumanti, ma un incremento per i vini fermi a più alta gradazione. Stiamo quindi lavorando per un posticipo dell’entrata in vigore”.
“Amiamo l’Italia per molte ragioni. Tra queste ci sono certamente i vini e gli spumanti. Londra non può sopravvivere senza i vostri vini. Anche per questo motivo – ha detto Graham –, il nostro Paese sta mettendo in campo politiche che possano tutelare i nostri scambi commerciali. Uno dei provvedimenti è stato di certo l’accordo siglato per evitare l’imposizione di dazi sulle merci. Adesso proseguiremo con sostegni all’internazionalizzazione delle imprese, anche con la semplificazione della burocrazia”.
Dalle parole del Console “Londra aspira fare del Kent, del Galles e della Cornovaglia, aree a vocazione vitivinicola” ed è “molto interessata ad attrarre nuovi investimenti italiani nel settore”. “Credo che sia importante basare accordi commerciali che vadano oltre l’import/export di prodotti – ha commentato il capo Gabinetto del Mipaaf, Francesco Fortuna – che possano comprendere anche l’esportazione, da parte delle cantine italiane, di know-how. Il vino è territorio, le abitudini di consumo sono orientate verso una riduzione delle quantità a fronte dell’aumento della qualità. Ciò vuol dire che la tracciabilità del prodotto rivestirà sempre più importanza. L’indotto del vino italiano si basa su questo, fonda la propria forza sull’origine della produzione e dell’imbottigliamento. Più queste due fasi sono territorialmente vicine, più la bottiglia acquisisce qualità e valore”.
Per il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, “è il momento di trovare nuove intese per rafforzare ulteriormente il dialogo commerciale tra Italia e Regno Unito. A fine luglio – ha proseguito Giansanti – saremo a Londra con le nostre imprese per promuovere i nostri prodotti. Un’ulteriore occasione per proseguire lungo la strada che stiamo tracciando qui al Vinitaly”.
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