“La Cassazione, con propria soluzione, afferma che non possono essere commercializzati prodotti a base di cannabis che abbiano un effetto drogante. Ma le varietà ammesse dalla legge 242/2016 non devono destare allarme, perché sono a basso contenuto di THC (che è la sostanza che produce l’effetto psicoattivo) con valori entro lo 0,2%. Riguardo all’effetto drogante la giurisprudenza si è ampiamente espressa negli ultimi anni escludendo dal campo di applicazione del DPR 309/90 sugli stupefacenti, i prodotti della canapa industriale con valori di THC entro lo 0,5%”. Commenta così Confagricoltura la decisione adottata ieri dalle Sezioni Unite della suprema Corte di Cassazione in merito alla commercializzazione dei prodotti della cannabis sativa.
“In attesa di conoscere le motivazioni, riteniamo che la decisione della Cassazione non debba essere letta come divieto generalizzato di vendita dei prodotti a base di canapa industriale – sottolinea Confagricoltura -. In ogni caso il Parlamento, il Governo ed i Ministeri competenti dovranno intervenire al più presto per perfezionare la normativa, ad esempio regolamentando i prodotti nutraceutici e cosmetici a base di cannabinoidi quali il CBD e definendo i livelli massimi di THC ammessi per gli alimenti, che vanno stabiliti con un decreto del ministero della Salute che aspettiamo ormai da quasi due anni.
“Ci preoccupa il fatto che la sentenza possa introdurre ulteriori incertezze – prosegue Confagricoltura -. Abbiamo una filiera produttiva importante che non può essere smantellata per i vuoti normativi. Non è più accettabile che il settore della coltivazione e della trasformazione della canapa debba continuamente raffrontarsi con giudizi e sentenze che spesso rimettono in discussione l’intero apparato normativo del settore”.
“Riteniamo – conclude Confagricoltura – che la canapa industriale, nell’interezza della pianta (fusto foglie, semi, fiori), abbia tutti i requisiti e le potenzialità per soddisfare le diverse domande dei nuovi mercati della bioeconomia (integratori alimentari, nutraceutici, biocosmesi, bioedilizia, bioplastiche, bioenergie) e che oggi, con i circa 5.000 ettari coltivati in Italia, sia una realtà produttiva importante che merita di essere tutelata e salvaguardata”.
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