La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla detraibilità Iva delle spese sostenute per la ristrutturazione degli immobili destinati alle attività agrituristiche. Il criterio che deve essere seguito per non incorrere in contestazioni da parte dell’Agenzia delle entrate, è quello “dell’inerenza dei costi con l’attività d’impresa”.
L’attività agrituristica è un’attività connessa a quella agricola, in assenza di un effettivo svolgimento delle attività agricole quindi, l’agriturismo non può essere considerato come tale. Stalle, fienili, magazzini, abitazioni, nella disponibilità dell’imprenditore agricolo e non altrimenti utilizzati, quando vengono individuati per essere destinati nell’attività agrituristica, cambiano la loro strumentalità, passando dall’attività agricola a quella agrituristica. Da quel momento, tutti i costi inerenti gli interventi da realizzare per renderli utilizzabili nell’attività agrituristica, devono essere contabilizzati nella contabilità Iva della medesima attività. Si tratta delle cosiddette “attività propedeutiche” allo svolgimento di una qualsiasi attività.
Per quanto attiene l’Iva, l’attività agrituristica beneficia di un sistema di detrazione forfettaria che consente all’imprenditore di trattenere il 50% dell’imposta incassata per le prestazioni rese ai clienti, a ristoro della medesima imposta pagata ma non recuperabile, sugli acquisti di beni e servizi inerenti l’attività. Anche per le imposte dirette l’attività agrituristica beneficia di un sistema specifico: per determinare la base imponibile sulla quale poi l’imprenditore dovrà pagare le imposte dirette, si applica un coefficiente del 25% sui ricavi lordi da dichiarazione Iva.
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