“L’Italia ha perso in 10 anni il 40% della superficie coltivata. Servono azioni di ‘riposizionamento strategico’ delle produzioni a seminativo, passando dalla commodity (ovvero la produzione indistinta) alla specialty (la produzione mirata a precise esigenze di impiego, realizzata su richiesta, personalizzata). Lo ha detto Giovanna Parmigiani, componente della Giunta di Confagricoltura, intervenendo oggi ad Ecomondo al convegno “Da commodities a specialties”. L’incontro è stato organizzato da Confagricoltura e Federalimentare.
La rappresentante di Confagricoltura ha ricordato come siano oltre sei milioni gli ettari investiti in coltivazioni estensive che da sempre rappresentano le materie prime per le produzioni di eccellenza del made in Italy, garantiscono la biodiversità degli agroecosistemi e caratterizzano il nostro paesaggio agrario. Le grandi colture spaziano dai cereali alle foraggere, dalle oleaginose come la soia e il girasole, alle piante da fibra come la canapa ed il lino.
L’intero comparto delle colture arabili rappresenta le materie prime per le produzioni di eccellenza del made in Italy, garantisce la biodiversità degli agroecosistemi e caratterizza il nostro paesaggio agrario. E’ un settore indispensabile ma a rischio, perché fortemente influenzato da regole di gioco internazionali, da problemi economici – come la volatilità dei prezzi e la concorrenza serrata delle importazioni estere – e dai cambiamenti climatici. Un mix micidiale che compromette la redditività aziendale.
Ad avviso di Confagricoltura il mercato agricolo ora si deve orientare sempre più verso produzioni primarie dalle caratteristiche definite con parametri qualitativi – sia in termini igienico-sanitari, sia tecnologici – chiari e ben identificabili per ogni segmento di mercato. Ed occorre organizzare le filiere e differenziare le produzioni in base alle diverse destinazioni d’uso, dalla granella alla fibra, dall’insilato sino agli scarti della lavorazione. Individuando e favorendo anche la richiesta di prodotti alimentari di qualità e nutraceutici.
La differenziazione dell’offerta permette al produttore di decidere che tipologia di varietà o di ibrido seminare sulla base delle richieste e delle esigenze espresse dalla parte industriale e/o commerciale, di valorizzarne quindi la redditività nel medio lungo periodo, nonché in alcuni casi, di ricavare anche premialità aggiuntive rispetto al prezzo di mercato.
Insomma – ha concluso Giovanna Parmigiani – non basta coltivare, ma bisogna attivare in campo agricolo precise strategie di marketing, intercettando (e stimolando) i bisogni degli acquirenti nelle molteplici declinazioni dell’utilizzo di un prodotto. Accanto al marketing sarà oltremodo necessario valorizzare sempre più le innovazioni disponibili nell’ambito dell’Agricoltura 4.0 e, quindi, tutte quelle tecnologie che coniugano produttività e sostenibilità; nell’ottica di poter intercettare appieno le nuove possibilità che si stanno aprendo nell’ambito della green wave.
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