Sebbene l’Italia si confermi, nel 2018, uno dei principali Paesi agricoli dell’Unione europea, al primo posto per valore aggiunto al costo dei fattori di produzione agricola e unità di lavoro annue (ULA) occupate a tempo pieno, per valore aggiunto prodotto da ciascuna unità di lavoro si colloca all’ultimo posto.
E’ quanto emerge dall’ultimo Rapporto del centro Studi Confagricoltura sui “Redditi da lavoro agricolo 2018”, che evidenzia un quadro di sostanziale diseconomia dell’agricoltura italiana. Tra le cause l’eccessiva frammentazione aziendale rispetto ai Paesi concorrenti e la quota rilevante di microimprese agricole che, pur destinando al mercato una parte rilevante del proprio prodotto, sono gestite ricorrendo prevalentemente o esclusivamente a manodopera familiare impegnata part time, che quindi ha altre fonti di reddito.
Lo studio
La frammentazione dell’agricoltura italiana (elevato numero di piccole aziende) rispetto ai paesi concorrenti, determina per il nostro paese un apporto di lavoro all’agricoltura (ULA – Unità convenzionali di Lavoro Annuo occupate a tempo pieno) nettamente superiore a quello dei concorrenti. Mentre da noi, in Spagna e Regno Unito, l’apporto di lavoro tende a crescere, altrove tende a diminuire. Fra il 2013 e il 2018, pur con un lieve ridimensionamento negli ultimi due anni, le ULA “agricole” in Italia sono cresciute di circa 47 mila unità.
Ciò significa che, nel 2018, in Italia, il Valore Aggiunto agricolo per ULA, parte del quale costituisce la remunerazione del lavoro (indipendente e dipendente) prestato nelle aziende agricole, è stato di circa 29 mila euro, sensibilmente inferiore a quello di tutti i principali concorrenti: Olanda 75 mila euro, Francia 44, Germania e Regno Unito 37, Spagna 35 (tabella 3a). L’evoluzione media di questo indicatore nel periodo 2013-2018 (tabella 3b) evidenzia come, rispetto all’Italia, la Spagna segni +8%, Francia, Germania e Regno Unito +32-33%, l’Olanda addirittura +151%.
Nel caso dell’Italia, secondo le più recenti stime dell’Istat (riferite al 2018), circa il 77% del valore aggiunto di settore è disponibile per la remunerazione lorda del lavoro dipendente e indipendente.
Conclusioni
L’agricoltura italiana si conferma, nel 2018, tra le quelle economicamente più rilevanti dell’Unione Europea, prima per Valore Aggiunto al costo dei fattori della produzione nel settore agricolo. Ma il nostro Paese, rispetto ai principali concorrenti, è anche quello che impiega nel settore agricolo il maggior numero di ULA (Unità convenzionali di Lavoro Annuo occupate a tempo pieno) sicché per Valore Aggiunto medio prodotto da ciascuna ULA (in cui è compresa anche la remunerazione del lavoro) si colloca all’ultimo posto.
Secondo le stime di Istat, nel 2018, la remunerazione del lavoro incide per il 77% sul Valore Aggiunto complessivo. Tenendo conto del numero delle ULA, la remunerazione media annua di ogni ULA è stata di circa 22 mila euro. Dietro a questo quadro di sostanziale “diseconomia” dell’agricoltura italiana si nasconde tuttavia una quota rilevante di microimprese agricole che, pur destinando al mercato una parte rilevante del proprio prodotto, sono gestite ricorrendo prevalentemente o esclusivamente a manodopera familiare impegnata a part-time, che quindi ha altre fonti di reddito (da lavoro o pensione), oppure (soprattutto in campo femminile) ricava dall’attività agricola un reddito integrativo rispetto alla prestazione di lavoro domestico.
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