Con l’accordo economico tra Italia e Cina – ‘La Nuova Via della Seta’ – si è sbloccata la possibilità di esportare a Pechino le carni suine. Lo sottolinea Confagricoltura che pone in evidenza come siano nove i macelli italiani attualmente autorizzati all’export, in un momento di mercato particolarmente favorevole vista la richiesta di carne congelata che viene dal paese del Dragone, duramente colpito dalla peste suina africana che ha decimato il numero dei capi (basti pensare che in Cina sono presenti 440 milioni di maiali e che questa epidemia ne ha decimato oltre il 20%).
“Il mercato cinese – dichiara il presidente della Federazione nazionale degli Allevatori suini di Confagricoltura Claudio Canali – offre importanti prospettive per tutta la filiera suinicola del nostro Paese, visto che la Cina consuma prevalentemente parti anatomiche che in Italia non hanno mercato (orecchie, teste, piedi ed interiora), trasformando così un costo in un ricavo aggiuntivo per i macelli quantificabile in 15/20 euro a capo, circa il 7% dell’attuale valore di mercato. Inoltre questi prodotti faranno da apripista ad altri tipi di tagli di carne e alle nostre eccellenti produzioni DOP e IGP”.
Confagricoltura ricorda che negli allevamenti le partite inviate alla macellazione cominciano ad essere certificate secondo i rigidi protocolli richiesti nell’accordo Italia–Cina, con un notevole aggravio burocratico per le aziende.
“Ricordiamo – osserva Claudio Canali – che la certificazione sanitaria che permette di esportare in Cina è un valore aggiunto, un plus che forniscono gli allevatori e che, in quanto tale, va ricompensato con una parte del beneficio che se ne ricava, ossia una maggiore premialità sul prodotto venduto. La mancata certificazione per alcuni allevatori non deve trasformarsi in una penalizzazione”.
Per quanto riguarda la tendenza al rialzo delle quotazioni, Confagricoltura fa presente che la media dei prezzi dei suini da macello per il circuito DOP, nel primo quadrimestre dell’anno, è stata abbondantemente al di sotto dei costi di produzione, essendo inferiore a €. 1,300 al kg e con picchi negativi sino a 1,1 eur/kg. Solo in estate si è raggiunto il punto di pareggio e da agosto le aziende hanno cominciato a lavorare in attivo.
“E’ vero – pone in evidenza Canali – che si è di fronte ad un recupero, ma è anche vero che ad oggi i bilanci dell’anno delle aziende suinicole sono ancora in rosso”.
“Abbiamo vivamente caldeggiato l’apertura del mercato cinese alle carni suinicole italiane e la risoluzione di tutte le problematiche relative alla certificazione delle carni perché – conclude il rappresentante di Confagricoltura che si occupa del settore suinicolo – vi sono grandi opportunità per il settore e per tutto l’agroalimentare made in Italy”.
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